di Fabrizio Di Leo
Quarti di finali di ritorno, pirotecnici, per le formazioni provenienti dal girone C, nella calda (come meteo) serata di mercoledì 31 maggio. A Crotone, nel palcoscenico dello Scida, i padroni di casa, di mister Zauli, dopo un primo tempo magistrale, quasi come fossero Mr. Hyde e dott. Jekyll, mostravano un volto, irriconoscibile, tanto da lasciare il pallino del gioco alla formazione di Rossi (per l’occasione in tribuna, perché squalificato) che recuperavano il doppio svantaggio maturato per i goal crotonesi di Cernigoi e Gigliotti, nell’ultimo quarto d’ora della prima frazione. Al rientro dagli spogliatoi, un Foggia trasformato, in realtà meno timoroso ed accorto nel gestire il risultato almeno nella prima mezz’ora, dimezzava lo svantaggio con Frigerio, poi nelle battute finali, era Beretta che pareggiando, nell’ultimo step di gara, dava la mazzata finale per i pitagorici, incapaci di recuperare negli otto minuti di recupero, in cui prevaleva il nervosismo, latente e sfogato nel dopo gara. Qualificazione quindi meritata per i dauni che affronteranno il Pescara dell’ex Zeman, corsaro a Chiavari. I bianco azzurri adriatici, sia pur forti del risultato dell’andata (vittoria per 2 a 1 ), spingevano ed affondavano nella difesa ligure, trovando il vantaggio con Cuppone, poi i padroni di casa pareggiavano prima di rientrare negli spogliatoi con Merkaj. Nella ripresa gli abruzzesi imprimevano un ritmo che i tirrenici non riuscivano a mantenere, tanto che la quarto d’ora, i bianco azzurri passavano in vantaggio con Delle Monache quindi, prima della mezz’ora, portava al doppio vantaggio i ragazzi di Zeman, con una giocata precisa di Cuppone. Ridotti in dieci, con il nervosismo latente, i padroni di casa cercavano di dimezzare lo svantaggio e rientrare nel match, ma il Pescara resisteva e quando il Chiavari trovava il secondo goal, con Parodi, era troppo tardi, nonostante il recupero, in quanto in dieci, decisamente svuotati di energie. Terminava con il Pescara gaudente per la qualificazione alla semifinale, contrapposto al Foggia, per un amarcord per Zeman, al cospetto della sua ex squadra.
CROTONE – FOGGIA: una squadra mai doma, con un cuore infinito senza il quale difficilmente l’epilogo allo ‘Scida’ sarebbe stato così felice. Passava il Foggia, che al 46’ del primo tempo era sotto di due gol, per effetto di due gol beccati nell’ultimo quarto d’ora, legittimazione del dominio calabrese. Poi, la redenzione cominciata con la puntata di Frigerio che ridava coraggio e speranza ai calciatori rossoneri, sempre in partita anche quando il palo tremava su un destro di Chiricò. La voglia di non arrendersi era premiata dalla zampata di Beretta, recuperato in extremis, gettato nella mischia per l’assalto finale e rifattosi male per sparare in porta la palla della gloria. Il sogno poteva proseguire, ma questi ragazzi meritavano un infinito applauso, comunque andava. Gigliotti e Cernigoi erano le sole novità di formazione in casa Crotone. Ragionevolmente, Zauli credeva che fosse l’atteggiamento dei suoi a dover cambiare, non gli interpreti. E dunque, confermato in blocco il trio Chiricò-D’Ursi-Tribuzzi alle spalle di Cernigoi. Dall’altra parte, Rossi sceglieva di riproporre il trio difensivo vistosi nel segmento finale della gara di andata, con Kontek braccetto destro, Di Pasquale nuovamente al centro e Rizzo sul fronte mancino. Recuperava Petermann, che giocava titolare, mentre Beretta andava in panchina. Attacco leggero. Il copione, però, era assai differente. Il Crotone non premeva sull’acceleratore, ma lo sfondava quasi. La pressione era costante e avvolgente, con i terzini che appoggiavano sistematicamente le iniziative dei due esterni alti, generando una perpetua superiorità numerica. Al Foggia non restava che difendere basso e tentare di ripartire, ma la gestione del pallone lasciava non poco a desiderare. Di Pasquale e Kontek, pur cambiando posizione rispetto alle precedenti gare giocate insieme dal 1′, confermavano una incompatibilità di fondo (almeno nella difesa a tre), e andavano in affanno ripetutamente. Con l’accampamento stanziato nella metà campo rossonera, il Crotone poteva scatenare le sue svariate bocche di fuoco. Sulle fasce si cercava sistematicamente di sfruttare i centimetri di Cernigoi, oppure gli inviti al versante opposto. Chiricò era oltremodo ispirato, così come Tribuzzi che dall’altra parte si trovava tre volte a concludere: nelle prime due serviva un Dalmasso sul pezzo per tenere in piedi i suoi. Il Crotone aveva anche l’arma dei piazzati, dove poteva far pesare il gap fisico accusato dai satanelli. Non era un caso se entrambe le marcature nascevano da situazioni da fermo. Cernigoi segnava addirittura sugli sviluppi di un fallo laterale, che stimolava la sponda di D’Ursi per la deviazione del centravanti. L’altra rete nasceva da un corner (nato da un quasi eurogol di D’Ursi) che vedeva l’ex Gigliotti ripetere quanto fatto già da Sainz Maza nel derby playoff. Il Foggia? Tutto condensato in una ripartenza ben orchestrata da Peralta e finalizzata da Frigerio sul quale proprio il difensore francese si opponeva con perfetto tempismo, il tutto tre minuti prima del vantaggio crotonese. Poco, troppo poco. Di Pasquale e Petermann non rientravano in campo. L’innesto di Rutjens era forse frutto di un pentimento, quello di Di Noia una logica scelta viste le difficoltà in impostazione del play. Nell’animo dei rossoneri albergano una convinzione (segnare subito per rimettersi in carreggiata) e la speranza che i padroni di casa si erano giocati l’all-in atletico nel primo tempo e accusassero una flessione. La coesistenza dei due sentimenti permaneva grazie alla zampata di Frigerio al 6’. Quanto fosse voluta non era dato saperlo e nemmeno contava granché. I 500 supporter assiepati nel settore ‘nord’ dello ‘Scida’ potevano tornare a sperare ché di tifare non avevano mai smesso. La partita cambiava, perché effettivamente il Crotone – preso anche da un legittimo timore – arretrava e si abbassava, concedendosi solo qualche sortita estemporanea. Eupalla dava una mano alla squadra di Rossi (sostituito da Limone in panchina) quando Chiricò spediva sul palo una palla “gentilmente” offertagli da uno sciagurato retropassaggio di Peralta. A posteriori, lo si poteva identificare come un segnale. L’altra svolta arrivava al 72’, quando Limone gettava nella mischia anche Beretta per un generosissimo ma poco concreto Iacoponi. Zauli assecondava i timori richiamando Chiricò e Giron, per Carraro e Cuomo, passando a uno speculare 3-5-2. Seguivano gli innesti di Awua e dello spauracchio Kargbo, che però si faceva notare solo per un giallo beccato due minuti dopo l’ingresso in campo. Si faceva notare e tanto, Beretta, quando trovava la perfetta deviazione sotto porta, sugli sviluppi di un corner di Costa. Giocata determinante quanto dannosa, perché riacutizzava un infortunio evidentemente non cicatrizzato. Ma pesava tanto e faceva impazzire i tifosi rossoneri allo ‘Scida’. Seguivano undici minuti di interruzioni costanti, infortuni (quello di Beretta) e crampi diffusi. Per il Crotone le lancette galoppavano, per i satanelli avevano l’andatura di un bradipo. Ma la porta di Dalmasso non era più violata. Il triplice fischio dava l’abbrivio alla festa. Era una lunga notte di gioia e sorrisi. Il sogno del Foggia poteva continuare.
ENTELLA CHIAVARI – PESCARA: il Pescara sbancava anche il Comunale di Chiavari e centrava la Final Four per la promozione in serie B. Finiva 2-3 contro l’Entella con le firme di Cuppone e Delle Monache. Si tornerà in campo domenica prossima contro il Foggia: prima in trasferta, ritorno all’Adriatico giovedì 8 giugno. Dall’altra parte del tabellone, la semifinale Cesena – Lecco. L’impatto con la partita era quello che tutti si aspettavano. Elettricità sul sintetico del Comunale: la Virtus voleva mettere le cose in chiaro fin dai primi minuti, giocando con aggressività e provando a sbloccarla subito. Un paio di brividi per Plizzari, che doveva tenere le antenne dritte perché Merkaj pareva ispirato (anche grazie a qualche svarione dei biancazzurri). Il Delfino usciva dal guscio lentamente e si faceva notare con diverse conclusioni verso la porta di Borra, che smanacciava e rischiava di concedere il tap a Kraja. L’anima dei liguri era sempre capitan Paolucci: l’abruzzese alla fine stringeva i denti – dopo la botta alla tibia subita da Lescano all’andata – e lottava come un leone, abbinando come sempre concretezza in fase difensiva e geometrie nella costruzione del gioco. Volpe cambiava però quattro undicesimi della formazione rispetto all’Adriatico, con la novità Rada in marcatura fissa a tutto campo su Rafia, il pericolo numero uno secondo il tecnico dell’Entella. Che non aveva fatto i conti con la fame di Gigi Cuppone: al 36’ alla prima vera occasione, l’attaccante pugliese si liberava sul destro e infilava Borra con un tiro forte e preciso. Esattamente sei mesi dopo l’ultima volta, l’ex Potenza ritrovava il gol, il primo per lui nel 2023 e con Zeman. Il boemo lo premiava dandogli il posto come sostituto di Lescano e Cuppone lo ricambiava con una prodezza pesantissima, festeggiata con entusiasmo dalla panchina e dai 500 pescaresi nel settore ospiti. Prima dell’intervallo, ci metteva la firma anche Plizzari, in tuffo sul tiro angolatissimo di Zamparo. Ma non bastava per andare al riposo in vantaggio. L’Entella premeva e insisteva e da un angolo trovava un rigore per fallo di mano di Brosco davanti alla porta. Il portiere biancazzurro intuiva sulla battuta di Merkaj, ma non ci arrivava. Primo tempo che terminava 1 a 1 e con i giocatori pescaresi che accerchiavano l’arbitro Saia ancora in cerca di spiegazioni sul rigore concesso ai padroni di casa. Il Pescara tornava in campo senza paura e stava in campo con la giusta autorità, puntando sulla sua tenuta atletica, ma tremando sempre troppo in fase difensiva. L’Entella dopo 7’ restava in dieci per il rosso al baby Reali che strattonava Merola, ma paradossalmente aveva una reazione istintiva e nervosa che rischiava di mandare in tilt la tenuta dei biancazzurri. La squadra di Volpe, però, durava un quarto d’ora. E come all’andata crollava subito dopo l’uscita dal campo di Paolucci. Merola e Rafia fraseggiavano, l’esterno vedeva Delle Monache sulla sinistra: il folletto di Cappelle controllava e dipingeva un’opera da Louvre, destro morbido sul palo interno e 1-2 sotto i tifosi pescaresi in delirio. Solo a partita compromessa, Volpe si giocava la carta Faggioli in attacco. Ma intanto era Merola a sfiorare il tris dopo 20’. Qualche minuto dopo ci pensava Cuppone a regalarlo ai 500 cuori pescaresi, segnando la doppietta e chiudendo i conti con largo anticipo. L’l’Entella, in quel momento, avrebbe dovuto segnare tre gol in poco più d’un quarto d’ora, e con un uomo in meno. Impresa ai limiti del possibile, anche perché il Pescara ne aveva ancora e sfiorava anche il poker. Nel finale premiato l’orgoglio dei padroni di casa, che accorciavano con Parodi sul 2-3. Ma in semifinale andava il Pescara.
Le semifinali playoff:
Cesena-Lecco
Foggia-Pescara