«La situazione che si sta determinando attorno alle offerte vincolanti e all’applicazione del cosiddetto Piano corto desta forte preoccupazione, così come il mancato rispetto del piano di marcia relativo alla ripartenza dell’altoforno 2. Era stato garantito che l’impianto sarebbe tornato in marcia entro il 31 dicembre 2025, come illustrato nel cronoprogramma presentato a Palazzo Chigi. Oggi, invece, non solo quella data non viene rispettata, ma esiste il rischio concreto che la ripartenza possa slittare ulteriormente, forse a fine gennaio o addirittura a febbraio, secondo le informazioni in nostro possesso».
Lo sottolinea Brigati, segretario della Fiom-Cgil, evidenziando come questa incertezza si sommi a elementi già fortemente critici:
«Abbiamo purtroppo certezze negative riguardo al fermo delle batterie previsto a partire da gennaio, decisioni che hanno già portato le lavoratrici e i lavoratori allo sciopero per chiedere una convocazione a Palazzo Chigi, il ritiro del piano di chiusura e per contestare un percorso che non offre alcuna garanzia industriale, occupazionale e ambientale».
Il segretario Fiom-Cgil denuncia inoltre la totale assenza di coinvolgimento delle organizzazioni sindacali nel processo decisionale:
«Ad oggi non siamo stati convocati a nessun tavolo a Palazzo Chigi sulle offerte vincolanti. Abbiamo appreso esclusivamente dalla stampa che la trattativa in via preferenziale ed esclusiva dovrebbe essere avviata con Flacks Group, con alcune anticipazioni su produzione e possibili assunzioni che non ci convincono. Ma il punto centrale resta uno: il governo non può procedere senza il coinvolgimento del sindacato, come invece sta avvenendo anche nella gestione del bando di vendita internazionale».
Secondo Brigati, l’incertezza riguarda tanto il presente quanto il futuro dello stabilimento:
«Senza la ripartenza dell’altoforno 2 non ci sarà alcuna risalita produttiva, nessun incremento dei volumi e, di conseguenza, nessun rientro del personale dalla cassa integrazione. Parallelamente, il governo intende avviare una trattativa esclusiva senza convocare le organizzazioni sindacali, nonostante si tratti di scelte che avranno un impatto decisivo sul destino industriale e occupazionale del territorio».
La Fiom-Cgil Taranto conclude con una richiesta definita netta e non negoziabile:
«Chiediamo che il governo convochi immediatamente a Palazzo Chigi il tavolo sull’ex Ilva e che garantisca una transizione ecologica e sociale reale. Questo percorso può essere assicurato solo attraverso un intervento pubblico forte, l’unico in grado di sostenere un processo complessivo di riorganizzazione legato alla decarbonizzazione, che richiede investimenti significativi e una visione industriale che un fondo finanziario non può garantire».













