Il Presidente di Confindustria Taranto Salvatore Toma, il Presidente della sezione metalmeccanica e navalmeccanica Pasquale Di Napoli e il vicepresidente con delega alle Grandi Industrie Michele De Pace intervengono sulla trattativa in corso riguardante l’ex Ilva di Taranto:
«Il momento attuale è estremamente complesso e delicato, ma un punto fermo c’è: occorre garantire continuità allo stabilimento di Taranto nelle migliori condizioni possibili». Così il Presidente di Confindustria Taranto, Salvatore Toma, in merito alla trattativa in corso al MIMIT tra istituzioni locali e governative, che nei prossimi giorni proseguirà con l’obiettivo di giungere a un accordo complessivo tra tutte le parti coinvolte.
Secondo Toma, i punti imprescindibili sono almeno tre: mantenere a Taranto sia i tre impianti DRI sia i tre forni elettrici, condizione ottimale per un corretto processo di decarbonizzazione; realizzare tale processo in almeno otto anni, necessario per introdurre a regime i forni elettrici; e prevedere la nave gasiera nella rada del porto di Taranto, previo accordo e analisi della competente Autorità di Sistema, indispensabile per un approvvigionamento di gas meno oneroso e più semplice da attuare.
«Solo con queste condizioni si potrà procedere a un reale processo di decarbonizzazione dello stabilimento», aggiunge Pasquale Di Napoli, presidente della sezione metalmeccanica e navalmeccanica, «evitando un ulteriore ridimensionamento della forza lavoro, inevitabile senza gli impianti DRI, che occupano circa 700 persone».
In linea con questa posizione, Michele De Pace, vicepresidente con delega alle Grandi Industrie, sottolinea l’importanza del centro siderurgico come asset strategico nazionale: «Pensare a una produzione parziale, con i soli forni elettrici, sarebbe come avviare la fabbrica verso un progressivo smantellamento che non possiamo permetterci. Serve un forte senso di responsabilità da parte di tutti gli stakeholder».
Riguardo alla presenza dello Stato nella governance, già invocata da Confindustria, Toma aggiunge: «L’ingresso dello Stato in quota maggioritaria potrebbe garantire, almeno nella fase iniziale, l’attuazione del piano industriale e un rilancio graduale e costante dello stabilimento, che negli ultimi anni ha ricevuto importanti interventi, rendendolo il più ambientalizzato d’Europa. Tuttavia, tutto questo ancora non basta: se oggi l’acciaieria è ancora in piedi, lo si deve alla professionalità e all’abnegazione del management commissariale».
Dagli industriali arriva un appello unanime: «Facciamo in modo — conclude Toma — che questo momento cruciale per la storia della nostra industria non venga vanificato da prese di posizione preconcette, e si arrivi al più presto alla firma di un accordo su DRI e forni elettrici. In ballo c’è la tenuta sociale, occupazionale e ambientale della fabbrica e di un intero territorio».