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Prisma Taranto Volley, Falaschi e Gironi con la nazionale di De Giorgi

Photo: Roberto Muliere

Gioiella Prisma Taranto, Falaschi: “Abbiamo ottenuto un risultato importante”

"Credo che siamo partiti nel modo giusto e siamo cresciuti anche sotto l’aspetto del pubblico piano piano, raggiungendo poi l’apoteosi nell’ultima partita in casa contro Perugia col sold-out"

di Francesca Raguso

La regular season della Superlega 2022/23 è giunta al termine. Il verdetto del campo ha decretato la salvezza della Prisma grazie al punto di vantaggio su Siena uscita sconfitta, nell’ultima giornata, dal palazzetto di Monza. Non c’è sicuramente modo migliore che “festeggiare” questa sudata e meritata salvezza, ascoltando le parole di colui che con grinta, tenacia e tanta forza di volontà, ha guidato la squadra fino alla fine, fino all’ultimo pallone, senza mai mollare e della quale da due anni ne è anche il capitano: il palleggiatore, classe 1987, Marco Falaschi.

Ciao Marco. A pochi giorni dal termine del campionato, com’è il risveglio dopo la conquista della permanenza in Superlega?

“Il risveglio è dolce. Abbiamo ottenuto un risultato importante per tutti ma prima di tutto per noi, perché, come ho già detto in altre circostanze, è stata un’annata non semplice sotto tanti punti di vista. C’è stata una liberazione, un senso quasi di svuotamento dopo l’esito del risultato finale della partita di Monza-Siena che, chiaramente, in me ha prodotto anche qualche lacrima. Però è normale perché le emozioni sono tante, l’anno è stato duro e si è visto in quelle lacrime che sono scese a fine partita. È così, purtroppo è la verità e quindi non ci si può nascondere dietro la verità.”

Della partita di domenica, c’è qualche rammarico per non essere riusciti a chiudere qualche set?

“Io credo che anche nella partita di domenica contro Milano abbiamo fatto un’ottima gara, nonostante le condizioni in cui eravamo da qualche settimana, ricordiamoci che avevamo sempre l’indisponibilità di Tommaso e di Eric, con qualche acciacco di fine stagione. Abbiamo cercato di mettere tutto quello che avevamo. Credo che nei primi due set soprattutto, in cui siamo stati anche avanti, è uscita poi la qualità di una squadra come Milano, non dimentichiamoci che hanno giocato la semifinale di Coppa Italia e non è certo l’ultima squadra. Nel secondo set abbiamo avuto anche la palla per chiuderlo e un primo tempo dove siamo usciti fuori per pochissimo, però quelle sono scelte e se la palla fosse andata bene avremmo fatto l’1-1, poi chissà come sarebbe andata. Io credo che anche nell’ultima partita con Milano abbiamo fatto vedere delle buone cose, un livello di gioco a mio avviso alto. Chiaramente nelle situazioni importanti si vedeva bene anche la tensione di una partita che significava una stagione, con un orecchio anche al risultato di Monza. Insomma c’erano tanti aspetti, non era facile giocarla, lo dico sinceramente, c’erano davvero tanti aspetti emotivi.”

Avete giocato una partita con uno stato d’animo elevato, visto che Siena giocava in contemporanea. Sicuramente l’avete sentita di più. Mentre a fine partita, dopo aver saputo il risultato, negli spogliatoi come eravate, come l’avete vissuta da dentro?

“Siamo rimasti in campo finché non è arrivato l’esito. Sapevamo del 2-0 di Monza e abbiamo aspettato in campo con i telefoni, guardando la partita. C’era quel sentore che la partita potesse finire in modo positivo, infatti nessuno è andato negli spogliatoi ed eravamo tutti in trepidazione, in attesa del risultato e dopo siamo andati negli spogliatoi. Paradossalmente la notizia è arrivata dai tifosi che probabilmente erano un pochino più avanti rispetto a noi con lo streaming quindi vedendoli esultare sugli spalti ci siamo liberati e siamo rimasti li un po’ in campo a festeggiare per poi continuare anche dopo la partita a cena. Ripeto, è stata un’annata non semplice, però abbiamo ottenuto l’obiettivo e il risultato che ci eravamo prefissati, la salvezza in un campionato che quest’anno ha raggiunto dei livelli veramente eccelsi.”

Dopo il sold-out in casa contro Perugia, anche domenica a Milano i tifosi vi hanno seguito nell’ultima trasferta, per non farvi mancare il loro sostegno. Può essere questa una dimostrazione di quanto comunque avete fatto di buono durante tutto il campionato? Ti senti di esprimere un tuo pensiero sulla tifoseria?

“Io credo che innanzitutto debba essere fatto un plauso alla società e a chi lavorava dietro le quinte, la stessa Linda, tu Francesca, Matteo, sui social, sui canali della società, per incentivare e far sentire anche tutti i tifosi vicini alla squadra. L’anno scorso dopo le ultime partite in casa, con Piacenza e Modena, dove avevamo registrato delle presenze importanti, avevo detto che bisognava ripartire da quei numeri. Credo che siamo partiti nel modo giusto e siamo cresciuti anche sotto l’aspetto del pubblico piano piano, raggiungendo poi l’apoteosi nell’ultima partita in casa contro Perugia col sold-out. Penso che la società abbia fatto una scelta esemplare nel rendere i prezzi più accessibili nelle ultime partite dove davvero c’era bisogno del calore di tutti. Anche nella partita contro Siena c’erano 2000 spettatori, con Trento lo stesso. Questo avvicina ancora di più il popolo e tutti i cittadini ad una realtà che è una realtà di primo livello. Non ci scordiamo che è il campionato più difficile del mondo nel quale giocano dei Campioni del Mondo, quindi deve essere un vanto per tutti.”

Ora vi aspettano i play-off per il 5° posto. Quanta voglia c’è di fare bene anche qui, visto che la vincitrice conquisterà un posto nella Challenge Cup 2023/2024?

“L’obiettivo nostro era chiaramente la salvezza. La situazione fisica precaria delle ultime settimane, a mio avviso, farà un po’ risparmiare ad alcuni qualche partita e un pochino di stress. Quindi credo che, giustamente, ci sarà anche un po’ di rotazione nelle partite, per dare modo a tutti di giocare, magari chi non ha giocato molto durante l’anno e di provare alcune situazioni che potrebbero anche tornare utili per un futuro prossimo. Queste quattro partite dovremmo prenderle così, come anche ha detto coach Vincenzo Di Pinto, sarà un modo per far vedere a tutti i miglioramenti che sono stati fatti durante l’anno.”

Questo è stato il tuo secondo anno a Taranto. Come ti stai trovando e soprattutto com’è essere il capitano? Come lo vivi?

“Sono stati due anni diversi. L’anno scorso firmai un contratto prima per Perugia, poi c’era un affollamento di palleggiatori e mi arrivò la chiamata del coach, allora decisi di rescindere e venire qui. Sostanzialmente è andata così. Io, come sapete, a lui devo tanto, ho un rapporto particolare con lui. L’anno scorso fu fatta una squadra all’ultimo, perché la promozione avvenne a maggio, quindi avvenne tutto quasi alla fine del mercato, che fu fatto anche un po’ di necessità, però abbiamo avuto fortuna a trovare persone e giocatori importanti, come Sabbia, Randazzo, Joao, e abbiamo fatto anche lì qualcosa veramente straordinaria. Quest’anno sono state fatte scelte diverse, come quelle di puntare su giocatori più giovani, di cambiare alcune situazioni, a inizio anno sono cambiati i quattro schiacciatori. È cambiato il libero. Bisognava ricostruire un’organizzazione. Lo scorso anno, non ci dimentichiamo che abbiamo totalizzato 27 punti, eravamo arrivati molto bene e ci siamo salvati con una giornata di anticipo. È chiaro che bisognava ripartire da lì. Io sono stato nominato subito capitano da Vincenzo, chiaramente con l’aiuto di Aimone Alletti, perché l’esperienza e l’età anagrafica ci fa stare sempre lì a parlare di tanti altri aspetti che non sono solo di squadra. È un piacere essere capitano, è un onore. È normale ci sono anche lati negativi, nel senso che chiaramente non si è solo giocatori, bisogna anche un attimino rapportarsi con la società, com’è giusto che sia, con lo staff tecnico, con tutti, per cercare di trovare sempre un modo per andare avanti e trovare sempre delle soluzioni a qualsiasi problema ci venga posto davanti.”

Inizi la tua carriera nelle giovanili del Volley Lupi Santa Croce, dove nel 2003 passi in prima squadra e affronti il campionato di A2. Che ricordi hai?

“Lì sono a casa. La casa di famiglia, dove son nato, è a meno di 1 km dal palazzetto di Santa Croce. Come si dice sono nato e vissuto a pane e pallavolo, era difficile non fare pallavolo. Mio padre è stato capitano dei Lupi nel ‘70, poi è stato dirigente, quindi è normale che sia così. Mio fratello ha giocato anche lui nei Lupi, poi ha fatto la carriera di B2 e B1. Lui ha terminato la carriera quando giocavamo insieme ed era il mio primo anno, abbiamo affrontato la B2 a Pescia quando io ero alzatore e lui schiacciatore. Tra di noi ci sono 12 anni di differenza e quando ha giocato l’ultimo anno con me ha pensato che poi potesse bastare e quindi ha smesso e io sono andato avanti. Mi ha lasciato campo libero. Erano sicuramente anni diversi, io ho fatto l’esordio che avevo 15 anni in B2 e in quegli anni si faceva un po’ di rotazione, nel senso che giocavo un po’ in prima squadra, cose che magari ora accadono di rado e soltanto in alcune società. Non rimpiango assolutamente quegli anni, anzi sono stati anni formativi. Io ho sempre fatto la scelta nella mia carriera di andare a giocare. C’era la possibilità spesso, ad esempio, di andare a fare il secondo in A2, quando ancora avevo 16-17 anni. Diciamo che ho fatto la famosa gavetta, ho fatto la B2 e la B1 giocando sempre e poi mi sono conquistato la A2 e l’ho sempre fatta per poi arrivare nell’ex A1 e poi la Superlega.”

Delle esperienze estere che hai potuto fare, qual è stata quella che più ti ha lasciato il segno?

“L’esperienza estera è stata più una necessità, perché ad un certo punto, dopo l’anno di Castellana, si erano venute a creare delle situazioni complicate nel mercato italiano, vuoi anche per la situazione economica non era delle migliori, vuoi che anche con la squadra non c’era modo di poter stare nel campionato italiano. Di conseguenza decisi di fare un’esperienza all’estero, in Montenegro, a Budva che faceva la Champions League. Arrivando lì l’obiettivo era passare il girone di Champions League, una cosa storica per la società e ce l’abbiamo fatta, è stata un’impresa storica, poi ai quarti di finale siamo usciti fuori contro Belgoron che quell’anno vinse poi la Champions. Sono ancora in contatto con tanti ragazzi e tante persone di lì. Quell’opportunità mi fece aprire le porte della Polonia, dove sono stato 4 anni, 2 anni con il Trefl Gdansk, 1 anno a Katowice e poi sono arrivato allo Zaksa. In Polonia ho passato veramente 4 anni splendidi in una nazione che vive di pallavolo, che ha nella pallavolo il primo sport, che ti da’ tanto, ti fa sentire veramente un personaggio importante della loro nazione. Per loro la pallavolo è uno spettacolo, vanno al palazzetto con l’idea di vedere uno spettacolo, si divertono nel vedere giocare. I 2 anni con il Trefl Gdansk sono stati splendidi, lì la società veniva da una situazione complicata perché si erano salvati l’anno prima di poco e l’anno dopo perdemmo la finale scudetto ma vincemmo la Coppa di Polonia, poi la Supercoppa, arrivammo quarti di nuovo. Insomma l’abbiamo portata anche lì a livelli europei. In quei due anni ho avuto l’opportunità di lavorare con Andrea Anastasi, con il quale mi sono trovato benissimo. Successivamente sono andato a Katowice, una squadra neopromossa, siamo arrivati decimi ottenendo una salvezza molto tranquilla a ridosso dei play-off. Anche quello fu un risultato importante per una società che si affacciava per la prima volta nella Plus Lega, la serie A Polacca. Alla fine di quella stagione ho avuto un infortunio alla spalla e successivamente ho fatto la scelta di andare nella migliore squadra in quel momento, che era lo Zaksa e di fare il secondo a Toniutti, perché dovevo recuperare da questo infortunio e non volevo ulteriori pressioni nel cercare di farlo il più velocemente o forzare i tempi di recupero. Queste 4 stagioni forse sono state le più belle, io non rimpiango niente, sono scelte che rifarei. Sicuramente non è mai facile quando arriva la proposta dall’estero prendere e partire, quando poi ci sono stato e ci sono rimasto per 4 anni un motivo c’era. La Polonia mi ha dato tanto, mi ha dato tanto affetto, credo di aver dato anche a loro tutto quello che avevo, portato anche un po’ di simpatia italiana, di giocosità, quello che avete visto anche voi. Ho imparato il polacco, cosa che loro hanno apprezzato tantissimo, dopo il primo anno facevo comunque le intervista in polacco, sbagliando chiaramente alcune cose, però insomma questo fa parte anche del mestiere, però si divertivano tantissimo e questo perché apprezzavano l’impegno di quello che facevo, ma per me era normale, era una forma di rispetto per le persone che ci stavano accanto e io volevo interagire con loro nella loro lingua.”

Nel tuo tempo libero, anche qui a Taranto, cosa ti piace fare? Hai qualche hobby in particolare?

“Il problema è che il tempo libero è poco, soprattutto con Vincenzo, perché ci sono tante situazioni, specialmente per un palleggiatore, poi a maggior ragione essendo capitano hai tante altre cose di cui parlare o stare a discutere quando uno ha una mattinata libera. Veramente il tempo è quello che è, perché poi uno deve stare a studiarsi le partite, le statistiche, guardarsi i video e alla fine si riparte sempre con l’allenamento. È chiaro che quando posso, alloggiando qui a San Vito, appena c’è un po’ di sole cerco di andare verso il mare, sulla spiaggia, è una cosa che mi piace molto avendo poi anche casa a mare a Viareggio. Stare molto vicino al mare è un qualcosa che mi aiuta a stare bene.”

Tags: Prisma Taranto Volley
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