di Adriano Meis
Il Taranto è ancora una promessa, una realtà che deve ancora vedere la luce nei prossimi giorni. Una rinascita attesa, anzi indispensabile, per restituire dignità e speranza a una città che ha vissuto anni difficili, segnati dal fallimento della vecchia matricola e da una lunga agonia sportiva e gestionale. Ma quando questo nuovo progetto vedrà finalmente la luce, ci sarà un solo imperativo inderogabile: vincere il campionato di Eccellenza senza alcun margine di dubbio.
Non sarà solo una questione di risultati sul campo. La nascita del nuovo Taranto dovrà essere il frutto di una scelta attenta e consapevole, che punti alla migliore realtà possibile sotto ogni punto di vista: economico, organizzativo, tecnico. Una realtà capace di garantire solidità, sostenibilità e soprattutto una prospettiva concreta di crescita nel medio-lungo termine. Il futuro non può e non deve essere affidato a improvvisazioni o a scenari traballanti, ma costruito su basi solide che restituiscano dignità a una piazza appassionata e stanca di false speranze.
Ma non basta: la nuova società dovrà godere del pieno gradimento e del sostegno totale dei tifosi. Solo così potrà davvero rappresentare un punto di aggregazione e un simbolo di riscatto per una città che merita di tornare a sognare. Il legame con la tifoseria non è accessorio, è linfa vitale per un progetto vincente e credibile.
La pressione per il successo sarà enorme e giustamente. Vincere il campionato di Eccellenza non può essere un semplice obiettivo sportivo o una speranza vaga. Deve diventare un dovere morale, un impegno ineludibile verso chi ama il Taranto e che ha subito il trauma del fallimento passato. Non ci sono alibi per la nuova società, né scuse legate al poco tempo o a mercati ristretti: l’unico risultato accettabile è il salto immediato, almeno in Serie D.
Tuttavia, il clima intorno al calcio tarantino resta tutt’altro che idilliaco. Ancora oggi, tra veleni e accuse reciproche, qualcuno si veste di purezza e indica colpevoli in un vero e proprio tiro al bersaglio, tentando di scaricare responsabilità e fallimenti passati solo sugli altri. Eppure, è sotto gli occhi di tutti come molti di questi stessi accusatori abbiano contribuito ad avvelenare l’ambiente e a minare la serenità necessaria nei momenti più delicati della vecchia gestione.
Ancora oggi, dietro al nome di Massimo Giove, si nascondono frustrazioni e giustificazioni, anziché un sano confronto e un’ammissione di responsabilità. La verità è che i limiti, le incapacità e le inadeguatezze sono state diffuse e condivise da troppi protagonisti interni ed esterni e queste fragilità hanno portato al collasso.
Ora, però, la priorità deve essere una sola: ripartire con umiltà, serietà e determinazione, evitando che il passato torni a fare da zavorra. Il nuovo Taranto ha il dovere di rinascere forte, chiaro e unito: vincere l’Eccellenza e rialzarsi subito non è solo un obiettivo sportivo, è un patto morale con la città e con la storia.
Il tempo delle scuse è finito. Chiunque avrà l’onore e la responsabilità di guidare il Taranto nei prossimi anni dovrà scegliere con coraggio e competenza, senza mai perdere di vista l’unico obiettivo vero: riportare il calcio tarantino al posto che merita.
Poco tempo fa eravamo spettatori di Taranto-Vicenza, in uno Iacovone stracolmo con oltre 11.000 spettatori. A quando di nuovo una partita così? Quanto tempo servirà alla nuova società per farci assistere di nuovo ad un momento del genere?