di Domenico Ciquera
Con un passato importante sulle panchine di Brindisi, Andria, Fasano e Nardò, Ciro Danucci è una delle voci più autorevoli del calcio dilettantistico pugliese. Ai nostri microfoni ha parlato del prossimo campionato di Eccellenza, del ruolo cruciale che il Taranto avrà nella stagione a venire e del suo futuro professionale.
Che campionato di Eccellenza dobbiamo aspettarci l’anno prossimo?
Il campionato di Eccellenza, da quando è stato istituito il girone unico a 20 squadre, è diventato molto competitivo e impegnativo. Ci sono società molto ambiziose. Il Brindisi, ad esempio, ha presentato domanda di ripescaggio, ma anche restando in Eccellenza costruirà sicuramente una squadra di livello. Poi ci sono le “solite” note: Ugento, Galatina, tutte le squadre baresi, il Bisceglie… realtà che ogni anno allestiscono organici importanti. Servirà una squadra forte, con idee chiare, per provare a spuntarla.
Secondo lei, chi sta facendo il miglior mercato in Eccellenza al momento?
Stando ai nomi che circolano, il Brindisi sembra molto attivo: si parla di giocatori con esperienza in Serie D e di buon livello. Anche il Canosa sta lavorando bene sul mercato. Direi che al momento Canosa, Brindisi e Bisceglie stanno facendo qualcosa in più. È chiaro che per il Brindisi manca ancora l’ufficialità su molti movimenti, ma le indiscrezioni vanno tutte in quella direzione. E poi c’è da capire il futuro del Taranto: una squadra come il Taranto, in una categoria che non le appartiene, sarà costretta a costruire un organico di altissimo livello.
Il Taranto è “obbligato” a vincere ogni partita per risalire subito. Pensa che questa pressione possa influire sui giocatori e sull’allenatore?
La pressione, a Taranto, c’è sempre. Quando indossi quella maglia, senti la responsabilità di rappresentare una piazza storica, con una tifoseria caldissima e appassionata. Questo peso può essere un onore, ma anche un onere. Bisogna avere personalità e, allo stesso tempo, la leggerezza mentale per vivere quella pressione nel modo giusto. Per i giovani è uno step importante di crescita: una cosa è giocare in Eccellenza con una squadra anonima, un’altra è farlo con il Taranto, dove l’obiettivo non è partecipare, ma vincere sempre. Lo stesso vale per l’allenatore: cambia completamente l’approccio. Hai l’assillo dei tre punti, la responsabilità, le aspettative. Non è semplice.
Che allenatore e che squadra dovrà avere il Taranto per risalire subito?
Il primo passo, secondo me, deve essere costruire una società solida. Una struttura dirigenziale organizzata, una presidenza forte: serve visione, prospettiva. Poi, ovviamente, bisogna scegliere un allenatore preparato, esperto, che abbia già vissuto piazze importanti e che conosca il valore e il peso della storia del Taranto. Quanto alla squadra, ci vorrà un mix ben calibrato: giocatori esperti, abituati alla categoria, ma anche giovani che portino entusiasmo e quella freschezza fisica fondamentale nel calcio moderno. E tutti dovranno essere in grado di reggere le pressioni di una maglia così pesante.
Le piacerebbe allenare il Taranto?
Assolutamente sì. Taranto è una piazza ambita, indipendentemente dalla categoria. Con un progetto serio, concreto, e la possibilità di costruire qualcosa di importante, accetterei con grande piacere.
Parliamo del suo futuro: ha ricevuto offerte?
Sì, ho avuto contatti con diverse squadre, anche di Serie C. Ero molto vicino al Sorrento, poi la società ha fatto scelte diverse. Ho ricevuto anche chiamate dalla Serie D, ma non erano progetti che mi convincevano pienamente. Ora cerco un progetto stimolante, ambizioso. Vengo da una stagione difficile ad Andria, dove non ho potuto lavorare con serenità per via di note vicende societarie. Voglio un ambiente dove possa essere giudicato per il mio lavoro sul campo, senza interferenze esterne.














