di Vito Di Noi – Il Quotidiano
Fabrizio Lucchesi, Carmine Gautieri…e il vuoto. Ipotizzabile, ma non certo, che la sinergia tra direttore generale e allenatore sia la stessa di qualche tempo fa, ma il concetto cambia relativamente: dal punto di vista tecnico, in casa Taranto, sono rimaste soltanto le loro figure. Quella attuale è una gestione abbandonata a sé stessa: il disimpegno di Massimo Giove, rispetto ad altre situazioni analoghe, questa volta è effettivo, tant’è che Lucchesi, più che da direttore generale funge da traghettatore del club.
Sì, ma verso dove? E il quesito che si pongono in tanti, in primis lo stesso dirigente toscano che tra poche ore, senza un passaggio di consegne ai vertici, potrebbe decidere di compiere un definitivo passo indietro.
Timori sempre più pressanti in vista della scadenza federale di metà mese: un’ulteriore inadempienza sarebbe il definitivo colpo di mannaia su un Taranto spogliato di tutte le sue certezze, sia tecniche che finanziarie. La strategia di sussistenza pensata sul finire di agosto è andata gia a farsi benedire: le componenti esterne (botteghino, incassi e sponsorizzazioni, ai quali va aggiunto pure il minutaggio) sono ausiliarie all’interno di una società, ma senza un socio finanziatore perdono anch’esse di consistenza. Capitolo allenatore. Il lavoro di Gautieri è ingiudicabile. Tre punti in otto partite, score che normalmente, nel calcio, avrebbe come conseguenza immediata l’esonero senza neppure troppi fronzoli. Voci vicine allo spogliatoio, in realtà, paventavano questa ipotesi gia dopo la debacle interna contro l’Altamura, ma la concreta possibilità di un cambio societario in tempi ristretti “congela” la posizione del tecnico che intanto, prosegue per la sua strada. E un Gautieri, tuttavia, diverso rispetto a quello che, il 20 agosto, esclamava convinto: «Taranto non si rifiuta!».
Ogni sua conferenza stampa lascia il dubbio di un’eccessiva diplomazia nelle risposte, anche se prima di Foggia non sono passate inosservate dichiarazioni quali: «Mi piacerebbe che la squadra venisse seguita dai tifosi, ma anche da medici, fisioterapisti e dirigenti». Segnale inequivocabile di una sofferenza interna che pervade l’allenatore, la cui impronta – nel Taranto attuale – non si vede. Scelte tecniche (talvolta) discutibili, confusione tattica e secondi tempi horror andrebbero analizzati più a fondo, ma chiedergliene conto in un contesto privo di certezze risulterebbe quasi superluo perché le attenuanti sarebbero tante. Tutto fa capo, in ogni caso, alla risoluzione dell’intricata vicenda societaria.
L’APS Taras 706 a.C., nell’assemblea di sabato, ha discusso diversi punti, uno dei quali riguardante il fondo americano presuntamente interessato a rilevare le quote di maggioranza del club.
Non si tratterebbe – a detta del trust – di “Apex Capital”, bensì di un fondo di investimento immobiliare (sempre a stelle e strisce) che, per il tramite di un commercialista romano, avrebbe già visitato lo lacovone e le strutture di Faggiano e Massafra. Closing possibile, ma dipende tutto dalle volontà della famiglia Giove. Al netto dei tempi tecnico-burocratici relativi, tra gli altri aspetti, alla rinuncia al diritto di prelazione da parte dei soci di minoranza, il rischio di giungere a metà ottobre senza soluzioni è concreto, ragion per cui si starebbe vagliando la strada della sponsorizzazione (da parte del nuovo gruppo) per immettere immediatamente denaro liquido nelle casse ed essere così adempienti senza incappare in altre penalizzazioni. La (ex) Fondazione ha anche intrapreso un’azione legale – affidata al legale Attilio Sebastio – subordinata alla volontà di avere accesso indiscriminato agli atti del Taranto FC 1927, una sorta di fotografia contabile del club per verificarne lo stato di salute finanziario anche in previsione di quella che sarà la ricapitalizzazione programmata nel mese di dicembre.