di Alessandra Carpino
Quel vago senso di incompiutezza, la dignità di un percorso (agonistico e morale) ed un senso dell’attesa che rischia di procrastinarsi a fronte di metamorfosi che stentano a delinearsi. E’ un esercizio psicologico dalle sfaccettature drammatiche, quello che il Taranto cerca di accogliere ed interpretare, nell’atmosfera permeata da decisioni e burocrazie appena sussurrate, calendarizzazioni scarsamente rispettate, operazioni e didattiche sulle quali insistere affinché non si smarrisca la dimensione ludica, quella del cosiddetto “calcio giocato”, con tutte le prospettive ansiogene che si schiudono all’orizzonte (l’ufficialità della penalizzazione che incombe su una classifica avveniristica) e che compromettono, inevitabilmente, il prodotto sportivo sul campo (inteso come risultato numerico, ma anche come evoluzione strategica fra moduli da memorizzare ed individualità sulle quali contare). Meriterebbero stabilità e fiducia, sia lo staff tecnico che il gruppo squadra: il processo del passaggio di testimone, quindi dell’acquisizione totale delle quote societarie da Massimo Giove a Mark Campbell, rappresentante dell’Apex Capital Global, sembra essere caratterizzato da una lentezza quasi apatica, persino sibillina (aldilà della riservatezza dei negoziati e dell’anonimato delle figure che dovrebbero contribuire agli investimenti per il rinnovamento del club ionico), mentre le garanzie per la gestione ordinaria e per la quotidianità lavorativa costringono Carmine Gautieri ed i suoi ragazzi a navigare a vista, a contrastare lo spettro dell’alienazione, a rafforzare la sinergia al cospetto delle reiterate difficoltà, a concentrarsi sulla preparazione delle partite, prediligendo l’insegnamento, ma anche riflettendo sulle soluzioni più idonee ed inerenti ad una routine professionistica che pare essere diventata una rarità, dallo stilare un protocollo alimentare all’organizzare un ritiro antecedente la gara, dalla locomozione della squadra all’assicurazione della tutela sanitaria. Insomma, gli allarmi non sono rientrati. Forse sono camuffati dalle aspettative (si auspica accelerate) di un futuro strutturale migliore ed originale, ma esistono e non è un mistero. Intanto, il calcio non concede tregua, anzi, rincara la dose: così, dopo il pareggio a reti inviolate suggellato domenica scorsa fra le mura amiche dello stadio Iacovone contro la Turris, l’agenda agonistica “infierisce” con due trasferte consecutive per la compagine rossoblu, complice il turno infrasettimanale che conduce alle porte di Potenza (giovedì 31 ottobre, con fischio d’inizio anticipato alle ore 15.00) e prosegue con l’ostica esibizione ad Avellino (la domenica successiva, 3 novembre). Peregrinazioni incastonate in un arco cronologico davvero esiguo, intervallate da caducità, interrogativi e perplessità. Una condizione amara con la quale convivere. La squadra lo sta dimostrando: nel suo microcosmo si rivela responsabilizzata, nonostante gli ostacoli nell’esprimere la sospirata sintesi di pragmatismo e creatività fra i reparti, a preservare un ritmo frequente durante l’intera contesa, ad osare nell’intraprendenza tattica propedeutica alla ricerca del gol, magari amplificando le progressioni sulle catene e gli inserimenti essenziali alle verticalizzazioni, colpendo con decisione superiore sia dalla distanza che a pochi metri dalla porta avversaria, perfezionando con lucidità lo sviluppo degli schemi sui calci piazzati che appaiono interessanti e dotati di una base di studio precisa, sperimentata dall’equipe tecnica nel corso della settimana. Il pubblico l’ha compreso, ha accettato, ha gradito, ha sotterrato l’ascia di guerra della contestazione riservata alla dirigenza, ha applaudito, ha incoraggiato gli atleti rossoblu, con messaggi che invitavano a “crederci sempre”. Ed è una simbiosi di carisma e dolcezza quella regalata al gruppo stesso dal suo stratega, Carmine Gautieri: “Devo pensare solo a lavorare. Speriamo tutti, tifosi e città in primis, che la situazione societaria si delinei nel modo migliore: ho sempre detto che la squadra deve essere seguita, perché sta offrendo tutto quello che può, soffrendo e creando- ha commentato- Spero che siano designati i ruoli principali: io stesso devo capire, voglio parlare per decifrare il discorso strutturale. In questo momento, i ragazzi hanno come riferimento il sottoscritto, insieme con lo staff, ma tutti abbiamo bisogno di gerarchie. Meritano un plauso impressionante: a fine partita mi sono commosso e complimentato con loro per il modo di lottare, nonostante uno stato d’animo non sereno”. A taccuini chiusi e microfoni spenti, l’allenatore campano ha voluto rendere omaggio all’opera incessante ed eclettica di Pasquale Bucci, da sempre al fianco del sodalizio ionico in qualità di coordinatore marketing, ma anche nella mansione attuale di team manager. L’organico necessita di valori, di estro, di vivacità, eppure è stato appena depauperato di due pedine d’esperienza che non hanno garantito, purtroppo, il salto di qualità: Nacho Varela ha sorpreso col suo ritiro improvviso (sicuramente meditato) dal calcio giocato, filtrato al termine della conferenza stampa di Gautieri dopo lo stesso match coi corallini ed “annunciato” simbolicamente dalla foto di gruppo scattata con la Curva Nord alle spalle; nell’immediata vigilia della trasferta di Potenza, invece, è stato Francesco Ardizzone a rescindere il contratto col Taranto per accasarsi in serie D nelle fila del Guidonia Montecelio. La memoria rimanda all’esame tattico circa l’equilibrio fra le fasi di possesso e non possesso palla, che il Gaucho aveva offerto domenica scorsa: “Sono stati due tempi disputati in maniera diversa. Nel primo siamo partiti bene, giocando con Fiorani adattato: avevo pensato alle sostituzioni, nel momento in cui si fossero abbassati i ritmi, con l’inserimento di gente di talento come Giovico, il quale rientra da un infortunio, e come Garau”. “ La squadra ha interpretato bene la fase di non possesso palla, mentre quella d’attacco è cresciuta nella ripresa, indipendentemente dalla nostra superiorità numerica- ha confermato il tecnico- Abbiamo cambiato sistema di gioco, passando dal 4-3-3 al 4-2-4: abbiamo provato a vincere, abbiamo subìto solo una ripartenza sulla quale è stato molto bravo Mastromonaco a rincorrere in transizione negativa. Certo, avremmo dovuto sfruttare le occasioni offensive: il nostro contesto è carente a livello qualitativo, ma è fondamentale affilare altre armi. Stiamo ragionando di gruppo, di organizzazione, di equilibrio”.